Le lingue dell'Egitto
La scrittura egiziana nacque presumibilmente nella regione del Delta del Nilo, in un’epoca probabilmente precedente a quella in cui si affermò la scrittura cuneiforme in Mesopotamia. I primi esempi di scrittura geroglifica, grazie al ritrovamento di alcune tavolette ad Abido che testimoniano il pagamento di tasse, risalgono al periodo anteriore all’unificazione del Paese sotto il primo faraone Narmer, mentre gli ultimi appartengono al terzo secolo quando progressivamente la scrittura geroglifica fu sostituita da quella copta, il cui alfabeto era derivato da quello greco.
Originariamente, quando nacque la scrittura, ad ogni simbolo corrispondeva un significato preciso, mentre poi vennere aggiunti simboli capaci di esprimere concetti. Così il geroglifico divenne un insieme di pittogrammi, ideogrammi e fonogrammi. La base della scrittura geroglifica non cambierà per tutto il corso dell'Egitto faraonico. Le sole differenze riscontrabili tra un periodo e l'altro si limitano allo stile di scrittura e alla ricerca del particolare per rappresentare meglio un simbolo.
Il linguaggio parlato e quello letterario erano nell'antico Egitto notevolmente diversi. La maggior parte delle iscrizioni su tombe, templi, colonne e statue era scritta in stile arcaico, mentre al linguaggio parlato si avvicinavano solo alcuni documenti, come registrazioni di transazioni e lettere.
Sulla base della lingua letteraria prevalente, la lingua egiziana è stata suddivisa in cinque periodi.
L'antico egiziano (da prima del 3000 al 2200 a.C. circa) è la lingua scritta del Periodo Predinastico e dell'Antico Regno (I-VI dinastia).
Il medio egiziano (dal 2200 al 1600 a.C.) è la lingua letteraria classica, che si ritiene rispecchi la lingua parlata intorno al 2200 a.C.: il suo periodo di massimo splendore coincise con il Medio Regno e i periodi di transizione che lo precedettero e seguirono (VII-XVII dinastia); inoltre, essa continuò a esistere come lingua letteraria (come avvenne molto più tardi per il latino in Europa) fino verso il 500 a.C.
Intorno al 1380 a.C., all'inizio del Nuovo Regno (XVIII-XXVI dinastia), il faraone Akhenaton oltre alle innovazioni religiose introdusse il tardo egiziano (dal 1550 al 700 a.C. circa) come nuovo modello per la lingua letteraria. Probabilmente basato sulla lingua parlata intorno al 1550 a.C., esso mostra notevoli cambiamenti grammaticali e fonetici rispetto alla lingua precedente. Poco prima che il Nuovo Regno cedesse alla dominazione persiana, l'egiziano demotico, così erroneamente definito dai Greci perchè "popolare" (dal 700 a.C. al 400 d.C. circa), divenne la lingua letteraria in uso. Con la dominazione greca e romana prenderà piede il copto che non è altro che l'alfabeto greco con l'aggiunta di 7 lettere. Questa lingua letteraria aveva una particolare forma di scrittura, detta anch'essa demotica, e sembra rappresentare la lingua parlata intorno al 700 a.C. Gli Egizi svilupparono due forme di scrittura: i geroglifici (usati per le iscrizioni formali su colonne e pareti) e la derivazione corsiva, la scrittura ieratica (fino al 650 a.C. circa ultilizzata per la documentazione amministrativa, giuridica e contabile) che poi si evolse in quella demotica (dal 650 a.C. al 450 d.C. circa) e in quella ieratica anormale (V secolo a.C.). In tutti e due i sistemi, i segni potevano rappresentare ideogrammi, sillabe (solo consonanti), lettere singole, e determinativi (ausili interpretativi per segni dotati di più di un significato). La scrittura non rappresentava le vocali, e pertanto (tranne che per il copto) gli studiosi possono ricostruire l'evoluzione fonetica della lingua solo attraverso le consonanti.
Il dio Thot e l'alfabeto
L’autore di questo mito è Platone, un filosofo greco del IV secolo a.C. Il mito esprime la realtà sociale dell’antico Egitto, dove i potenti ostacolarono la diffusione dell’alfabeto. Infatti, la scrittura alfabetica è semplice: se tutti l’avessero imparata, non sarebbe più rimasta una conoscenza riservata ai sacerdoti a agli scribi, come al tempo dei geroglifici.
Udii che presso Naucrati, in Egitto, visse un tempo uno dei loro vecchi dei, a cui è sacro l’uccello che chiamano ibis; questo dio aveva nome Thot. E aggiungono che egli inventò i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia e anche i giochi del tavoliere e dei dadi e per di più la scrittura. faraone dell’Egitto era allora Thamus. Thot venne a trovare costui, gli mostrò le arti e disse che conveniva farne dono agli altri Egiziani. Il sovrano s’informò dell’utilità di ciascuna arte, e mentre l’altro gliene faceva l’esposizione, egli approvava ciò che gli pareva ben detto e disapprovava ciò che gli pareva negativo. Così Thamus fece a Thot, per quel che si narra, pro e contro ciascun’arte molte osservazioni che sarebbe troppo lungo ripetere. Ma quando si venne alla scrittura: "Questa scienza, o re", disse Thot, "renderà gli Egiziani più sapienti e più adatti a ricordare, perché questo è un rimedio giovevole e alla memoria e alla dottrina". E il faraone disse: "O ingegnoso Thot, altri è abile a generare le arti, altri a giudicare qual vantaggio o qual danno può derivare a chi sarà per servirsene. Ed ora tu, come padre delle lettere, nella tua benevolenza per loro hai affermato il contrario di ciò che possono. Esse infatti, col dispensare dall’esercizio della memoria, produrranno l’oblio nell’anima di coloro che le abbiano apprese, come quelli che, confidando nello scritto, ricorderanno per via di questi segni esteriori, non da sé, per un loro sforzo interiore. Tu dunque hai trovato un rimedio giovevole non già per la memoria, ma per richiamare alla mente. Agli uomini che imparano tu offri l’apparenza, non la verità della sapienza, perché quando essi avranno letto tante cose senz’alcun insegnamento, si crederanno in possesso di molte conoscenze pure avendo un gran fondo d’ignoranza, e saranno insopportabili nei rapporti sociali, perché possederanno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza".
Il dio Thot fu anche un dio creatore. La leggenda dice che sotto forma di babbuino, stava originariamente seduto su uno sperone di roccia che emergeva dalle acque primordiali. Le lacrime che scendevano dai suoi occhi caddero ai quattro angoli del mondo e formarono quattro coppie di divinità che aiutarono a popolare la Terra.
L'alfabeto egizio – I Geroglifici
La parola significa ''sacra incisione''. Si conoscono circa 3000 caratteri di scrittura in uso nell'antico Egitto, in parte ideografici o pittografici (ossia rappresentanti simbolicamente l'idea o l'oggetto), in parte fonetici (ossia rappresentati sottoforma di sillaba o lettera). L'oggetto che si voleva significare veniva rappresentato in forma stilizzata (il sole per esempio, era indicato da un disco). Se ne trovano impressi sui muri dei templi o sullo zoccolo delle statue, oppure possono essere scritti con l'inchiostro sui papiri. Queste figure vengono ancora oggi chiamate impropriamente geroglifici, dal nome greco dato da Clemente Alessandrino "grammata ieroglifica", cioè lettere sacre incise; mentre in realtà non avevano nulla di sacro infatti erano impiegate per qualunque argomento e non limitate al linguaggio religioso. Ma la scrittura geroglifica, pur avendo un numero notevole di ideogrammi, permetteva una limitata capacità espressiva; non era per esempio possibile trovare un segno che esprimesse parole astratte come bontà o pensiero, nè verbi come attendere o meditare.
Per sopperire alla necessità di una più ampia espressione scritta fu adottato un sistema acrofonico di scrittura. Ogni rappresentazione ideogrammatica possibile aveva un suono corrispondente, per esempio: l'ideogramma della parola casa corrispondeva al suono "per". Questo suono acquistò il valore di una sillaba e fu usato per comporre parole che non potevano avere un'espressione ideogrammatica, in cui appunto ricorresse il suono "per". Si estendevano così le possibilità di espressione della scrittura ideogrammatica. La scrittura ieratica, usata nei manoscritti, è una abbreviazione corsiva dei geroglifici. Ulteriormente abbreviata e facilitata ad uso popolare è la scrittura demotica. La chiave per decifrare i geroglifici fu trovata dal francese J-F Champollion nel XIX secolo in seguito alla scoperta di una iscrizione (Stele di Rosetta) redatta in tre alfabeti: geroglifico, demotico e greco.
Il geroglifico è la più antica delle tre scritture egiziane. Clemente Alessandrino fu il primo a chiamare le sue lettere "hyerogliphica" ossia lettere sacre incise. Nome errato visto che i geroglifici non hanno nulla di sacro, salvo per il fatto che furono inventati dal dio Thot.
Si cominciò ad utilizzarla pressappoco 3200 anni prima di Cristo ed è una delle più antiche scritture della Terra. Ma i segni e i disegni non erano adatti per raffigurare parole astratte come i sentimenti; molti verbi come aspettare, vivere, pensare e molti altri erano difficili da esprimere. Nel corso dei secoli gli Egiziani modificarono la loro scrittura in modo tale da ovviare a tali difficoltà dando ad ogni figura un valore fonetico.
Il geroglifico può essere letto sia da sinistra verso destra, che da destra verso sinistra a seconda della parte verso cui sono voltati gli uccelli. Se ad esempio gli uccelli sono girati verso destra, la lettura inizierà da destra, mentre se essi sono voltati a sinistra si comincerà da sinistra.
Accanto a quella geroglifica esisteva un’altra scrittura chiamata dai greci ieratica, che significa "sacra" anche se in questo caso non aveva niente di sacro.
Lo ieratico era un geroglifico corsivo e più sbrigativo utilizzato per tutto ciò che non dovesse esser inciso su pietra, né avere carattere ufficiale. Contrariamente a quanto si possa pensare, era questa la grafia ordinariamente impiegata dalle persone colte in epoca tolemaica romana.
Con successive semplificazioni la scrittura ieratica sfocerà in quella chiamata dai Greci, ancora una volta erroneamente, demotica, cioè "popolare" in uso dall’VIII secolo a.C., alla fine dell’Impero Romano, così detta per distinguerla dalla scrittura precedente, propria della casta sacerdotale.
Il copto, invece, era un insieme di dialetti, con aggiunte di grecismi e di parole orientali, scritti con i caratteri greci, con l’aggiunta di sette segni in più per indicare suoni che il greco non aveva. Era la lingua tardo-egizia adottata dai cristiani indigeni che non amavano usare il greco perché "lingua dei pagani" e nella quale si conservano moltissime traduzioni di testi sacri. In ogni caso è una lingua che presenta legami abbastanza stretti con l’antico egizio per la facilità di comprensione grazie alla presenza di vocali.
Di seguito la spiegazione di uno dei simboli più famosi e ricorrenti:
La stele di Rosetta
Nel luglio del 1799, mentre stavano ristrutturando El-Rashid (il vecchio forte di Rosetta), i soldati di Napoleone inciamparono in una stele di basalto nera. Fu un soldato di nome Bouchard a scoprirla e a dissotterrarla a colpi di zappa. La stele, pretesa come bottino di guerra dagli inglesi, fu trasportata al British Museum di Londra, dove si trova ancora oggi. Tra gli studiosi che lavoravano alla stele vi era Jean-François Champollion, un bambino prodigio che a soli 9 anni conosceva le lingue orientali ed il copto (ultima lingua parlata nell'antico Egitto prima dell'arabizzazione e ancora oggi esistente come lingua liturgica). Studiando i cartigli (figure di forma ovale che rappresentano nomi di sovrani) Champollion comprese che i geroglifici non hanno solo valore ideografico, ma anche fonetico, e che alcuni di essi non vanno letti ma servono a determinare l'interpretazione da dare a ciò che è scritto. Il 14 settembre 1822 Champollion ebbe la certezza di essere penetrato nel cuore del sistema geroglifico: corse dal fratello gridando "Ci sono!" e poi svenne per l'emozione.
La stele di Rosetta riporta tre versioni dello stesso testo: 14 righe in geroglifico con 1419 simboli, 32 righe in demotico e 34 in greco. E' un decreto di ringraziamento dei sacerdoti di Menfi a Tolomeo V Epifane, risalente al 196 a.C. Più precisamente viene riportato che in occasione dell'incoronazione di Tolomeo V Epifane il 27 marzo, fu organizzata una festa alla quale parteciparono tutti i sacerdoti d'Egitto. Come inizio del suo regno, il sovrano decise di ridurre le tasse, concedere un'amnistia e aumentare gli introiti ai sacerdoti che, in segno di ringraziamento, fecero portare in ogni tempio una statua di Tolomeo.
L'arte dei papiri
La pianta del papiro, che cresceva nelle paludi del Nilo, era considerata sacra dagli antichi Egizi per la sua forma e veniva utilizzata per fare corde, barche, sandali, canestri e, soprattutto, la carta. La lavorazione del papiro rivoluzionò il mondo della comunicazione che, fino ad allora, avveniva oralmente o tramite incisioni su pietra o argilla. Il papiro è formato da un fusto a piramide e da foglie che ricordano i raggi solari, entrambe caratteristiche sacre per la civiltà egizia. Il fusto, alto tra i 3 e i 6 metri e largo fino a 10 cm, è formato da fibre lunghe dalla base fino alla cima ed è fasciato da una corteccia sottile e compatta. In cima al fusto vi sono i fiori del papiro che formano una grande ombrella fatta di rametti lunghi e sottili con, alle estremità, delle spighe. Il colore della pianta del papiro è molto elegante: le foglioline alla base sono verdi con tonalità di giallo, il fusto è di un verde smeraldo lucido ed intenso, il bocciolo è verde con tonalità di giallo e rame, l'ombrella è giallo canarino e le spighe sono rossastre.
Con il papiro venivano fabbricate anche corde, recipienti, stuoie, barche, vele, lumi e sandali, mentre il succo veniva utilizzato come bevanda e le ceneri come medicamento.
La lavorazione del papiro, descritta in una tomba tebana del 1400 a.C., avveniva in varie fasi: dapprima si tagliava il fusto in parti corte, poi, dopo averlo ripulito dalla pelle verde e tagliato in strisce più sottili, si ricopriva con un panno e pestato con un martello e quindi piallato con una pietra a mattarello in modo da far uscire lo zucchero, dopodichè si immergeva il papiro nell'acqua per almeno una settimana. I vari papiri così trattati venivano messi sfalcati sotto una pressa per un'altra settimana ottenendo interi fogli di papiro pronti per essere disegnati. I fogli di papiro venivano arrotolati e custoditi dagli scribi
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